LEGAME TRA I TEST ED IL COMPORTAMENTO DELLA PAVIMENTAZIONE
LEGAME DEL TEST DSR CON LE DEFORMAZIONI PERMANENTI
Come è già stato visto descrivendo il test con il DSR, la risposta totale di un legante in termini di deformazioni al carico è costituita da due componenti: una elastica (recuperabile), ed una viscosa (non recuperabile).
La deformazione permanente di una pavimentazione (per esempio le ormaie), consiste nell’accumulo della componente non recuperabile della deformazione dovuta a carichi ripetuti ad elevate temperature.
Se si sviluppano deformazioni permanenti nella pavimentazione, questo avviene generalmente nella prima parte della vita della pavimentazione stessa, ed è per questo che la normativa Superpave valuta la sensibilità alla deformazione permanente usando leganti non invecchiati, o invecchiati tramite la prova RTFO.
La normativa Superpave definisce e stabilisce il valore che deve assumere la variabile reologica G*/send, che rappresenta la componente viscosa ad elevate temperature della totale rigidezza del legante.
Questo fattore è anche indicato come “rigidezza alle alte temperature”.
Si determina dividendo il modulo complesso G* per il valore del seno dello sfasamento d, entrambi misurati dal DSR.
Il valore di G*/send deve essere almeno di 1,0kPa per leganti non invecchiati, e di almeno 2,20kPa dopo l’invecchiamento con il rolling thin film oven test.
Leganti che presentassero valori della rigidezza ad elevate temperature al di sotto delle specifiche Superpave, potrebbero risultare troppo “soffici” per resistere alle deformazioni permanenti.
Elevati valori di G* e bassi valori di d sono considerati attributi desiderabili per un legante dal punto di vista della resistenza alle deformazioni permanenti, in questi casi infatti si ottiene un elevato valore di G*/send, che caratterizza il legante come un materiale tendenzialmente elastico.
LEGAME DEL TEST DSR CON LA ROTTURA A FATICA
I valori di G* e d ottenuti dal DSR, sono utilizzati nella normativa Superpave, anche come parametri per controllare la rottura a fatica nelle pavimentazioni stradali.
Poiché generalmente la rottura a fatica caratterizza le pavimentazioni a temperature moderate e dopo un lungo periodo di servizio, la normativa studia questo problema analizzando leganti invecchiati tramite entrambe le prove, RTFO e PAV.
I valori del modulo complesso e del seno dello sfasamento, invece che essere divisi l’uno per l’altro, sono moltiplicati per ottenere un fattore legato alla rottura a fatica, definito come “rigidezza a temperature intermedie” (G*send).
La normativa stabilisce un valore massimo per la rigidezza a temperature intermedie di 5000kPa.
La capacità di un legante di comportarsi come un materiale soffice ed elastico, e recuperare quindi le deformazioni anche dopo molti cicli di carico, è una caratteristica desiderabile per la sua resistenza alla fatica.
Come si può intuire, due materiali che presentano la stessa rigidezza totale possono comportarsi differentemente per quanto riguarda la resistenza a fatica.
LEGAME DEI TEST BBR E DTT CON LA ROTTURA ALLE BASSE TEMPERATURE
Come nel caso degli altri test sviluppati ed utilizzati nella normativa Superpave, anche i test BBR e DTT sono stati sviluppati per fornire una valutazione di quello che potrà essere il comportamento del legante in certe situazioni, e quindi per valutare l’idoneità dello stesso per un certo tipo d’impiego.
E’ noto che quando la temperatura della pavimentazione scende, la miscela che la costituisce tende a ritirarsi.
Poiché la struttura della pavimentazione può essere vista come una trave di lunghezza infinita, e siccome l’attrito tra i vari strati ne impedisce lo scorrimento relativo, si sviluppano al suo interno delle tensioni di trazione anche molto elevate.
Quando queste tensioni superano la resistenza a trazione caratteristica della miscela, si arriva alla fessurazione, e cioè alla rottura per basse temperature.
Il Bending Beam Rheometer è utilizzato, come già visto, per applicare un carico statico ad un travetto di legante e misurarne la “rigidità creep”.
Se la rigidezza del legante fosse troppo elevata, allora esso tenderebbe a comportarsi in modo fragile, e di conseguenza a fessurarsi più facilmente.
Per prevenire questo problema la normativa impone un valore massimo per la rigidezza, di 300 MPa.
La velocità con cui tale rigidezza varia nel tempo, è controllata usando il valore “m”.
Un elevato valore di “m” è desiderabile, in quanto è sinonimo di una rapida evoluzione della rigidezza in corrispondenza all’abbassarsi delle temperature ed all’aumentare delle tensioni interne alla pavimentazione.
Quest’evoluzione fa si che il legante sia capace di diluire le tensioni, che altrimenti si accumulerebbero, portando alla rottura della pavimentazione.
La normativa Superpave definisce un valore minimo per “m”, uguale a 0,300.
Anche il Direct Tension Test è stato sviluppato per valutare un comportamento desiderabile da parte del legante in certe situazioni.
Studi condotti dai ricercatori dell’SHRP, hanno dimostrato che se il legante riesce a “stirarsi” per più dell’1% della propria lunghezza originale, le fessurazioni dovute al ritiro della pavimentazione alle basse temperature, sono più difficili da riscontrare.
Il DTT è applicato a leganti che superano il valore massimo della “rigidità creep” imposto dalla normativa, mentre per valori che la soddisfano non è necessaria la sua esecuzione.
Proprio lo stiramento del legante eseguito nel DTT, simula la tensione a trazione che si viene a sviluppare all’interno della pavimentazione nel caso di temperature molto basse.